Perche la vita non ha senso se non la racconti a qualcuno…

Archivio per 6 ottobre 2010

Achtung! Zona stadio, la partita si guarda in tv

C’è stato un tempo in cui la domenica allo stadio era una delle tradizioni popolari del Belpaese, usanza e fenomeno di socializzazione entrata nei modi di dire, nelle canzoni e anche nel cinema del neorealismo. Poi arrivarono le curve politicizzate e, soprattutto, la tv (la violenza no, non è una novità, quella c’è sempre stata).

Davanti allo schermo

Abbiamo provato a vivere una domenica da normale tifoso nello stadio di Lucca, anno 2010, per vedere cosa è rimasto di questo ritrovo e di questa usanza che ormai, numeri alla mano, sembra uscire dalle abitudini degli italiani (tifosi in calo ovunque, a parte le 5-6 grandi della serie A che catalizzano il 90% dell’attenzione degli appassionati).

Non ci sono parcheggi dedicati, le auto vengono lasciate nel marciapiede dalla parte delle Mura urbane o nel parcheggio dell’ospedale, i frequentatori abituali comunque sanno arrangiarsi. Noi parcheggiamo su un marciapiede intorno ai giardinetti che fronteggiano l’ospedale, lato quartiere San Marco, e ci avviamo verso la gradinata. Arrivati alla zona di prefiltraggio dietro l’Itc ci dicono che per comprare il biglietto dobbiamo andare dal lato tribuna, ma non si può passeggiare intorno allo stadio. Facciamo così il giro intorno all’Itc e prendiamo il biglietto, con noi c’è anche qualche anziano preso alla sprovvista e che fatica a camminare, saranno circa 5-600 metri a piedi al posto dei 100 che sarebbero stati potendo passeggiare nelle strade cittadine normali, che la domenica però sono barricate e transennate per creare quella zona di prefiltraggio che lo stadio di Lucca per come è stato concepito 80 anni fa non ha.

Preso il biglietto presentando un documento, torniamo verso la gradinata. Stavolta l’ingresso agibile è più vicino e due addetti ci controllano il biglietto, che va esibito presentando ancora una volta un documento. Pioviggina e tutti hanno ombrelli visto che lo stadio è, tranne la tribuna, interamente scoperto; la polizia è poco dietro agli addetti ai cancelli del prefiltraggio che ci fanno sapere che dalla prossima partita non saranno tollerati “ombrelli con le punte”.

Ci fermiamo un attimo e ci chiediamo quali siano gli ombrelli senza punta, poi notiamo alcuni anziani col guanciale sottobraccio palesementi spaesati, chissà da quanti anni vengono al Porta Elisa la domenica, chissà come si farà a lasciarli sotto l’acqua perchè hanno l’ombrello con la punta, forse se ne staranno a casa.

Comunque siamo dentro, ai cancelli d’ingresso della gradinata viene nuovamente controllato il biglietto e un addetto scannerizza uno ad uno chi entra con quello che ipotizziamo essere un metal detector; il metal detector suona quasi inesorabilmente e puntualmente viene chiesto allo spettatore in questione se ha le chiavi nella borsa o in tasca. La risposta è quasi sempre “si”, gli agenti restano a guardare e, senza perquisizioni, si entra nello stadio. C’è da supporre che la faccia pulita ci aiuti, forse in partite più a rischio o se si fosse stati vestiti da ultras o si avesse avuto la faccia da duri ci sarebbe stato un controllo più severo, comunque malgrado tutte le severissime regole di ingresso non si notano perquisizioni, almeno nel momento in cui a varcare i cancelli tocca anche a noi.

All’interno dello stadio, dove si acquistano bottigliette d’acqua senza tappo, tutto sembra normale, a parte il divieto di esporre striscioni che facciano richiamo alla politica o inneggino a qualcosa, un provvedimento indiscutibilmente giusto alla luce di quanto si è verificato negli stadi italiani negli ultimi venti anni. Un provvedimento che forse però entra leggermente in rotta di collisione con la libertà di espressione sancita dalla Costituzione (libertà di espressione significa anche poter dire cose che non piace sentirsi dire), un divieto poi che stride moltissimo di fronte alla continua propaganda cui si assiste sui grandi media, con politici che riescono a piazzare i loro slogan elettorali ovunque, anche a miss Italia o alla moviola.

Una piccola epopea di regole che la maggior parte dei frequentatori degli stadi italiani pagano in nome e per conto di quella minoranza che dello stadio aveva e ha fatto la sua trincea di lotta; regole che, statistiche alla mano, hanno funzionato ma che sembrano indirizzate a risolvere il problema stadi scoraggiando i cittadini a frequentarli piuttosto che neutralizzando i delinquenti; regole che creano già fuori dallo stadio una artificiosa atmosfera di rischio, di pericolo, che frastorna e che, se può essere legittima in occasione di certe partite, è francamente fuori luogo quando poi una volta dentro lo stadio ci si rende conto che la squadra ospite è seguita da zero tifosi, come nel caso dell’Atletico Roma domenica scorsa al Porta Elisa.

Perchè poi a soccombere di fronte a cotanto regolamento da ‘territori’ medio orientali non è certo l’ultras con le cattive intenzioni, ma la famiglia o lo spettatore che si vuol passare le sue due ore di svago domenicale assistendo a un gioco in quello che fu uno dei templi del romanzo popolare italiano: lo stadio.

E allora tutti a casa di fronte alla tv a pagamento a vedere la serie A, costa meno, è più comodo e non si lascia la moglie sola per andare a vedere la partita. Che posto triste lo stadio nel 2010.

[Fonte: Lo Schermo]