Perche la vita non ha senso se non la racconti a qualcuno…

Archivio per 21 gennaio 2012

Inter vs Genoa

Sta meglio il tifoso ferito a San Siro
La famiglia: “Ora vogliamo chiarezza”

Scontro con la polizia, poi in rianimazione. La questura: “Era ubriaco fradicio, è caduto”.
Aperto un fascicolo dalla procura di Milano. I dubbi dei parenti su quanto accaduto
di STEFANO SCACCHI
Un sospiro di sollievo dopo un giorno di angoscia. E´ fuori pericolo Massimo Moro, il tifoso genoano portato in gravi condizioni al Policlinico di Milano dopo essere stato fermato dalla polizia a San Siro giovedì prima della partita di Coppa Italia tra rossoblu e Inter. «Sembra che il peggio sia passato. Massimo è sveglio e molto reattivo. Non può ancora parlare perché resta intubato», annunciano le sorelle Nadia e Veronica nel tardo pomeriggio dopo averlo visto nella stanza del reparto di neurorianimazione (nello stesso padiglione dove a novembre era stato ricoverato Antonio Cassano).

A preoccupare è stato soprattutto un rigurgito di vomito che ha creato complicazioni respiratorie, probabilmente provocato dal colpo alla testa che ha fatto perdere conoscenza a Moro, 38 anni, idraulico, non particolarmente noto negli ambienti della curva del Genoa (anche se i primi ad arrivare in ospedale sono stati circa venti ultrà rossoblu che non lo conoscevano, ma avevano appreso la notizia al termine della partita). Inizialmente si è parlato anche di una reazione allergica a un calmante.

Secondo la Digos, Moro, in stato di forte ubriachezza, ha reagito perdendo le staffe prima ai controlli degli steward e poi ancora più furiosamente ai tentativi di placarlo da parte degli agenti all´interno del posto di polizia dello stadio. Qui sarebbe andata in scena la colluttazione che ha provocato la caduta del tifoso e il ferimento di un poliziotto con 4 giorni di prognosi. Un comportamento che ha fatto scattare l´arresto, in attesa di convalida, per resistenza a pubblico ufficiale (il pm di Milano, Massimiliano Carducci, ha aperto un fascicolo di indagine).

La versione non convince i parenti di Moro, arrivati a Milano in pullman con altri 25 sostenitori rossoblu. Insieme a Moro, il cognato e due amici che lo hanno seguito fino all´ingresso nel posto di polizia. «Lui resta qui, lo ritroverete a fine partita», la frase degli agenti per convincere il terzetto ad accomodarsi sulle gradinate. Ma il ricongiungimento si è verificato solo nella notte in ospedale.

«E´ giusto capire se è successo qualcosa di anomalo», commenta la sorella Veronica che non è potuta entrare in reparto perché – questa la giustificazione ricevuta – non era orario di visita e il fratello è piantonato dagli agenti. «Vogliamo capire – aggiunge l´avvocato genovese Riccardo Lamonaca, contattato dalla famiglia – come mai Massimo si trova in queste condizioni».

«Ho rivissuto le stesse sensazioni provate dopo la morte di mio padre», ha detto Domenica Ferrulli, figlia di Michele, che ha perso la vita lo scorso 30 giugno a Milano dopo essere stato fermato dalla polizia, giunta al Policlinico per solidarizzare con i famigliari di Moro.

@repubblica.it


Modello Italiano

Calcio e nuvole, a proposito
del cosiddetto modello italiano

Nel calcio esiste un modello inglese che, forse, non tutti invidiano. Alcuni, anzi, proprio non vogliono sentirne parlare.

Eppure la struttura messa in piedi Oltre Manica per dare ordine alle quattro categorie professionistiche (dalla prima alla quarta divisione nazionale) si è dimostrata nel tempo vincente rispetto alla nostra.

A livello di gestione, è forse meglio avere a che fare con la pletora di club che affligge il nostro sistema (spalmata tra serie A, serie B, Prima e Seconda Divisione di Lega Pro) o non piuttosto interagire con un sistema agile e malleabile costruito su 92 squadre suddivise in quattro categorie?

Senza contare che gli stadi inglesi, quasi tutti di proprietà spesso anche nella Football League 1 (la nostra Prima Divisione), sono confortevoli e anche per questo sempre pieni di tifosi. Nonostante i biglietti siano molto più cari che da noi e la crisi economica tutt’altro che tenera da sopportare a quelle latitudini.

C’è anche un modello tedesco, altrettanto sobrio da un punto di vista organizzativo. In Germania, come in Inghilterra, gli stadi sono sempre colmi ai limiti della capienza. I biglietti d’ingresso alle partite sono i meno cari d’Europa. Se ci sono riusciti loro, perché non dobbiamo riuscirci anche noi?

Infine esiste un modello spagnolo. Pur se afflitto da una crisi che sta investendo pesantemente molte società della Liga, il calcio iberico inanella un successo dopo l’altro a livello internazionale. Gli stadi sono sempre affollati e costruiti a misura degli spettatori. Da quelle parti è un vero piacere assistere alle partite. Insomma tutt’altra cosa rispetto a quanto ci tocca vedere nel nostro disastrato panorama.

Il fatto è che, in Italia, il ricordo di un “modello” tricolore si è via via scolorito con il passare del tempo. Si naviga a vista. Il calcio, plasmato a misura della pay tv, sta debilitando le ultime resistenze di una tifoseria che nel passato aveva pochi raffronti in Europa.

Manca una linea politica comune, condivisa e sostenibile. Ognuno continua a zappare il suo orticello, dimentico dell’interesse generale. Latita la lungimiranza, che pure dovrebbe contrassegnare l’agire degli umani. Gli stadi sono decrepiti e fatiscenti. L’acquisto dei biglietti è stato trasformato in una corsa a ostacoli. Durante le partite, salvo rare e meritorie eccezioni, prevale un senso di opaco grigiore.

Se ancora esiste un modello italiano, si è ormai auto-confinato nella scelta indiscriminata di mettere più barriere possibili alle trasferte e di rallentare in tutti i modi consentiti l’accesso del pubblico negli stadi. Ciò avviene con misure preventive che sono anche e soprattutto punitive nei confronti della parte sana dei tifosi che ancora hanno voglia di assistere dal vivo alle partite.

Ecco dunque gli stadi vuoti, la deriva tecnica del nostro calcio, l’arretramento progressivo nelle classifiche internazionali, il disincanto degli appassionati. Dov’è finito il campionato più bello del mondo? E’ davvero questo il modello con cui pensavamo di confrontarci nel terzo millennio?

Sergio Mutolo @calciopress.net