Perche la vita non ha senso se non la racconti a qualcuno…

Archivio per 12 Maggio 2012

La trasferta è morta

Dopo 5 vittorie consecutive, l’ultima delle quali bellissima ed entusiasmante contro l’Inter al Tardini, e la salvezza conquistata la trasferta di Siena doveva essere una festa, ancor di più col senno di poi, considerando che è arrivata anche la sesta di vittorie, proprio contro i toscani.

Siena da sempre è una trasferta che attira la gente, vuoi perché abbinabile a una gita nella splendida città e magari una bella “beccata” a base di fiorentina e Chianti. E’ sempre stata una trasferta da centinaia di tifosi, e in questo momento di entusiasmo, tenendo comunque presente i nostri numeri fuori casa, sarebbe stata numerosa, colorata e rumorosa.

Ma, con nostro immenso dolore, noi che l’abbiamo tanta amata, prendiamo atto che: la trasferta, dall’arrivo della Tessera del Tifoso, è morta. Non lo diciamo noi, “contestatori della Tessera”: lo certificano i numeri, lo testimoniano le foto, lo dicono i fatti. In trasferta la gente non ci va più, chi perché senza Tessera del Tifoso, chi, anche se tesserato (in 9.000 potevano andare a Siena), perché manca il tifo, manca il clima da trasferta. Siena era l’ultima della stagione, ma il copione è stato lo stesso di tutto l’anno, con il solito centinaio di persone quasi sempre presenti a sostenere i Crociati. Che dire: almeno la Tessera del Tifoso l’hanno sfruttata, loro.

I Boys, come a Roma (Lazio), Novara, Milano (Inter), Bologna, Catania, Bergamo, Cesena, Udine, Palermo e Lecce, a Siena c’erano, ma nonostante il biglietto (pagato 25 euro più prevendita) nominativo non sono stati fatti entrare, come prevede il Protocollo d’Intesa sulla Tessera del Tifoso. Trasferta vietata ai residenti in Emilia Romagna sprovvisti di Tessera, in pratica discriminazione territoriale, la stessa cosa che loro condannano se sono i tifosi a farla. Perché al contrario di dirigenti, giocatori, allenatori, forze dell’ordine: i tifosi pagano sempre!

E così a Siena non è stata festa, come poteva essere almeno. Per fortuna abbiamo un’ultima gara, il derby col Bologna al Tardini, per salutare e ringraziare la squadra per questo incredibile finale di stagione. Ma quale futuro ci attende?

Mentre qualche mese fa il vento sembrava cambiare, avendo provato la via del dialogo in questi mesi ci siamo trovati al solito punto: a sbattere contro un muro di gomma. Niente da fare, i lor signori di Osservatorio, Lega Calcio, Viminale e chi più ne ha più ne metta, da quell’orecchio non ci sentono, continuano a sventolare falsi successi (l’unico successo evidente: aver svuotato gli stadi) e a rendere impossibile la vita a chi vuol liberamente tifare.

Ma che cavolo di gente è quella che si inventa l’”Albo degli striscioni autorizzati”?!? Sembra una barzelletta ma purtroppo non lo è. Gli striscioni, per entrare negli stadi, dovranno essere iscritti all’apposito albo, come succede ai notai, per esempio. Sicuramente ci vorrà anche un organismo, fatto dalla solita gente magari strapagata, che autorizzi gli striscioni. Che ne sappiamo, tipo il C.I.S.A., il Comitato Italiano Striscioni Autorizzati?

Il futuro è alle porte, ma non ci offre via di uscita. Ci penseremo non prima di aver celebrato e festeggiato, come piace a noi, i nostri 35 anni.

E pensare che per tifare liberamente ci siam dovuti inventare una partita delle vecchie glorie, il 18 maggio al Tardini, dove si uniranno nostalgia, tifo, beneficenza, allegria: tutte cose che non si possono classificare in un albo. Una serata dove tutti sono invitati, tranne chi sta uccidendo tutto questo. Si, proprio voi, che state uccidendo il tifo o che coprite questa cosa non parlandone: state a casa, non sentiremo la vostra mancanza.

BOYS PARMA 1977


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SIENA-PARMA 2008/2009

si pr 0809

SIENA-PARMA 2008/2009

SI PR 1112

SIENA-PARMA 2011/2012

@boysparma1977


Chi sbaglia paga

La “gola profonda” del calcioscommesse
finisce fuori squadra: Ruopolo in lacrime

Il bomber ripudiato dagli ultras e sospeso dalla società. Il ds
Foschi: «Italiano? Lui non c’entra, lo difenderò fino alla fine»

di Pierpaolo Spettoli
PADOVA – «Abbiamo preso atto della cosa, nessuno di noi ne era al corrente. Di sicuro non ci fa piacere. Ruopolo è sospeso per il momento, in attesa del processo. Poi ci sono regole che vanno rispettate».

È partito così il diesse Rino Foschi nel fare il punto della situazione sulla vicenda di Francesco Ruopolo ieri a Bresseo. La “cosa” in questione è la confessione del giocatore davanti alla Procura federale di avere partecipato alla combine di tre partite quando era nell’Albinoleffe, mentre con riguardo alle regole da rispettare il significato è molto semplice: a fronte di una condanna al termine del processo, il suo contratto triennale sarà rescisso.

Torniamo alla conversazione con il direttore sportivo biancoscudato. E togliamo subito un dubbio: cosa significa che il giocatore è sospeso? «Che non fa parte della squadra. Sarà squalificato per anni, mesi, non so. La sentenza sarà entro fine mese, poi la società prenderà provvedimenti. Di sicuro da oggi non è più nel nostro gruppo». E prosegue: «L’ha presa male il presidente Cestaro. Non fa piacere a noi, a voi, ai tifosi. Ruopolo ha ammesso ciò che ha fatto, si è liberato di un peso che era dentro di lui. È sposato, ha famiglia, genitori. È una cosa che fa molto dispiacere».

Il ds Foschi va a ruota libera: «Ruopolo ha confermato cose che non appartengono al Padova. Ne abbiamo preso atto solo ieri, io ero all’estero a 900 chilometri da qui. Non l’abbiamo tenuto nascosto, non ne eravamo al corrente. Il verbale era secretato, non ne poteva parlare lui e neanche l’avvocato (Diana, ndr)». Quindi ricostruisce queste ultime ore, incluso il faccia a faccia con Ruopolo: «Ieri sera ho parlato con il presidente, questa mattina ho convocato nel mio ufficio il ragazzo, che era a casa a Modena già da ieri sera».

E cosa le ha detto? «Lui mi guarda e piange. Non ha parole, guarda nel vuoto. Gli ho detto che queste sono le regole». Questa triste vicenda può avere conseguenze sulla squadra? «Adesso abbiamo una gara importante che è solo da vincere. Certi risultati sono mancati, i tifosi sono disgustati, di sicuro siamo un po’ in difficoltà». Possibile che Ruopolo in tutti questi mesi non si sia confidato con nessuno in spogliatoio? «Non sapevamo niente, eravamo tutti all’oscuro, lo garantisco. Se ne eravamo al corrente, a Torino pochi giorni fa non giocava».

Come ha fatto Ruopolo a dire “non so spiegarmi perchè ho accettato la combine”. Aveva bisogno di quei 30 mila euro? «Non credo. In 30 anni di calcio ne ho viste di cotte e di crude. Si è liberato di una cosa che solo lui può sapere». La presa di posizione degli ultras è stata durissima. «Sono attaccati alla loro maglia. E in un momento così particolare si sono lasciati andare. Ma non sono feroci, sono tifosi regolari. Hanno espresso il desiderio di non avere in casa un giocatore che ha venduto le partite».

Mercoledì Cestaro ha affermato “questo calcio non è il mio mondo, me ne devo allontanare”. Che ne pensa? «Conoscete meglio di me il presidente. È un appassionato e vuole bene alla città, alla squadra, ai tifosi, a voi. È sconfortato anche per come vanno le cose in Italia, ma è attaccato al Padova e alla città. Non prendo sul serio le sue parole, è uno sfogo e lo capisco».

Tornando ai deferimenti, figurano anche Italiano e il Padova per responsabilità oggettiva per una tentata combine relativa al match con il Grosseto (1-0 del 23 marzo 2010) messa in atto dal capitano. «Ho cresciuto Vincenzo da quando era piccolo, è stato penalizzato ingiustamente perchè gli credo ciecamente. Credo anche agli altri, specialmente a lui perchè ci interessa maggiormente, e sapete che abbiamo incaricato Grassani perchè voglio tutelarlo fino alla fine. È una vicenda che fa male, ma queste cose non ci sfiorano. Questa bastonata che abbiamo preso lascia delle ferite».

«A noi per le indagini hanno chiamato 5 giocatori (Ruopolo, Italiano, Bentivoglio, Milanetto, Cacia, ndr). Di sicuro un calciatore che viene chiamato ed è accusato di qualcosa, penso che con la testa non sia molto libero. Ma dare la colpa dei mancati risultati sul campo a questo, ce ne passa. Anche se un po’ ha influito».

Intanto oggi alle 15 il Padova si gioca le residue speranze di playoff affrontando in casa il Gubbio.

@gazzettino.it


Il Blog non è stampa clandestina

I blog non sono «stampa clandestina»

La sentenza della Cassazione arriva dopo anni di infuocati dibattiti. E sancisce che non c’è obbligo di registrare le testate

Storica sentenza della Cassazione che sancisce che i blog non sono da considerarsi “stampa clandestina”. «È una sentenza che fissa un principio», dice Guido Scorza, avvocato e docente di diritto delle nuove tecnologie. La sentenza dice che non serve procedere alla registrazione della “testata” presso il Tribunale della Stampa per gestire un blog di informazione con la conseguenza che non si configura il reato di “stampa clandestina” previsto dalla vecchia legge sulla stampa.

LIBERTA’ – «È una conclusione ovvia, scontata, normale», dice Guido Scorza. In pratica dicendo che non c’è obbligo di registrazione dice che ai blog non sarebbero applicabili le discipline sulla stampa. Prima fra tutti, l’obbligo alla rettifica. Un mannaia sulla libertà dei blogger. Ma in quanto a libertà di informazione, c’è poco da brindare. La sentenza che di certo pone oggi un paletto, potrebbe esse superata da nuove leggi, di cui si parla da mesi. E su cui anche il ministro Severino si è espressa chiedendo maggior controllo sui blog. «Questa sentenza, soprattutto non convalidando le precedenti, sgretola l’ennesimo tentativo di imbrigliare l’informazione sul web nella burocrazia pensata oltre mezzo secolo fa per i giornali di carta», dice Guido Scorza. «Appartiene, d’altra parte, alle stesse leggi grazie alle quali la procura della Repubblica di Pordenone sta processando Pino Maniaci di Telejato, tv comunitaria gestita da un’associazione non profit, che rischia la chiusura non potendo migrare sulla piattaforma digitale terrestre sulla quale la legge ammette solo società commerciali».

LA SENTENZA – Il “caso” è quello di un giornalista siciliano, Carlo Ruta, condannato nel 2008 dal tribunale di Modica per il reato di stampa clandestina (pronuncia confermata poi nel 2011 dalla Corte di appello di Catania). Il giornalista curava saltuariamente Accade in Sicilia, blog impegnato a informare sui fenomeni mafiosi. Ed è proprio per un post pubblicato su Accade in Sicilia che un magistrato si era sentito offeso. E aveva querelato per diffamazione Carlo Ruta. Il tribunale di Modica, considerando il blog una vera e proprio testata giornalistica (e cioè un “prodotto editoriale” per la legge nl. 62/2001, e in quanto “stampa periodica, avrebbe dovuto essere registrato presso il Tribunale competente) lo aveva condannato. Ora la Cassazione, con una sentenza dal valore storico, ha stabilito che un blog non è di per sé un prodotto editoriale e la figura del blogger non è sovrapponibile con quella del giornalista. Nella pratica significa che i blog, e i loro animatori (giornalisti e no), potranno continuare l’attività, senza obbligo di registrare la testa. Un primo passo per una maggiore libertà. Anche se le leggi che riguardano i nuovi media digitali sono tuttaltro che chiare

Redazione Online @corriere.it


Suore di clausura vs Discoteca

Discoteca accanto al monastero: le suore comprano il terreno per evitare il rischio

Sull’appezzamento, pagato circa 400 mila euro,
sono stati piantati un centinaio di olivi

LIVORNO – Passi il progetto del nuovo ospedale, che (business e sprechi a parte) è sempre un luogo caritatevole, cristiano e di aiuto per il prossimo. E passi pure il traffico della vicina Aurelia sempre più caotico. Ma la discoteca accanto al monastero di clausura «no», quella non s’ha da fare. E dunque, per preservare il silenzio della preghiera che dura ininterrottamente da 74 anni, le suore carmelitane scalze del convento Santa Teresa di Antignano, quartiere residenziale a sud di Livorno, hanno deciso di acquistare il terreno sul quale un progetto prevedeva la nascita di un locale notturno. O almeno questo era il rischio o, se preferite, la tentazione di qualcuno. Così, dopo riunioni, preghiere e meditazioni, l’ordine generale di Firenze ha deciso che l’investimento su quel terreno confinante «era cosa buona e giusta» ed ha trovato il denaro per acquistarlo.

ULIVETO – E immediatamente su quella terra diventata da aliena finalmente amica, sono stati piantati un centinaio di olivi. Il prezzo? Poco più di 400 mila euro, si dice, anche se non ci sono conferme e chi parla di almeno il doppio. La storia, che ha avuto un lungo iter procedurale e per molto tempo è rimasta riservata, è stata rivelata dal Tirreno dopo che le suore hanno deciso di recintare il terreno acquisito. Il monastero livornese, di stretta clausura, è nato nel 1938 su una collina non lontana dal santuario della Madonna di Montenero patrona della città e della Toscana. Luogo, almeno anni fa, d’incantevole pace, con vista sulle colline e sul mare, che racconta storie di preghiera e ascesi.

IL BLOG – Su un blog dedicato alla vocazione religiosa si descrive la giornata delle suore livornesi: sveglia alle 5.30, preghiera prolungata per tutto la giornata insieme al lavoro (orto, cucito, pittura, ricamo, uncinetto, produzione di strumenti di penitenza, eccetera). «Attualmente nel monastero vivono 15 religiose – si legge nel blog -, tra le quali alcune giovani suore che hanno fatto i voti temporanei e sono in attesa di fare i voti perpetui. Recandosi nel parlatorio negli orari stabiliti è possibile parlare con qualche suora presente dietro le severe grate della clausura. Le ragazze in discernimento vocazionale possono chiedere un incontro in parlatorio con la priora, Madre Teresa Margherita del Sacro Cuore, una suora molto spirituale e dedita alla vita di perfezione cristiana». Il nuovo terreno, coltivato a olivi, servirà anche alle suore per avere qualche risorsa in più. Gli olivi stanno crescendo e forse tra uno o due anni offriranno un olio prelibato magari da vendere agli estimatori dei cibi sublimi.

Marco Gasperetti @corriere.it